Fra Mauro Jöhri

Ministro generale OFMCap

Ai frati Cappuccini e all'Ofs di Puglia per l'apertura dell'anno centenario della rifondazione della Provincia

Una vita donata a Dio e all'umanità.

Per un presente capace di futuro

sintesi

Bari S. Fara, Aula “San Francesco”

28 gennaio 2008

Il Signore vi dia pace, cari fratelli e care sorelle.

Anzitutto un saluto particolare anche ai fratelli e alle sorelle dell'ordine Francescano Secolare. Questa mattina ho preparato alcuni pensieri e riflessioni che rivolgo in primo luogo ai frati, però sono lieto che anche voi li possiate sentire, così li aiuterete a vivere all'altezza del loro impegno. Noi abbiamo bisogno dei laici come i laici hanno bisogno di noi, il nostro carisma è lo stesso carisma vissuto in situazioni diverse. Penso proprio che l'aiutarci gli uni gl'altri reciprocamente sia un dovere all'interno di questa grande famiglia che rappresentiamo.

Per un presente capace di futuro

Per i 100 anni della rifondazione della Provincia di Puglia, ho pensato soprattutto di parlarvi del presente e di come preparare l'avvenire. Quindi la storia, la storia gloriosa alla quale brevemente è stato fatto accenno, la lascerò agli appuntamenti specifici che avete organizzato. Io voglio parlare di noi oggi , di come preparare il futuro . Lo faccio con semplicità, partendo da alcune domande che mi sembrano centrali per la nostra vita e tentando poi anche di rispondervi. La mia esperienza nell'Ordine pian piano va crescendo. Ormai è quasi un anno e mezzo che svolgo questo servizio. Giro, vedo, incontro, osservo e mi interrogo e prego e parlo e ascolto… C'è la strada che ci è stata indicata, ma c'è anche una strada da aprire. . . .

Ora permettetemi di svolgere questi due aspetti in particolare: una vita donata a Dio , e una vita donata all'umanità .

Una vita donata a Dio

Dio è al primo posto nella nostra vita di consacrati. Cosa significa? Come si concretizza? Come e a chi orientarci nel nostro cammino quotidiano di frati? Chiaramente a san Francesco, e allo spirito della nostra Riforma cappuccina. Desidero condividere con voi alcuni aspetti di come san Francesco si pone davanti a Dio, aspetti che mi accompagnano e mi interpellano. In san Francesco è ricorrente ricordare quali sono le cose che spettano a Dio. Abbiamo cantato prima alcuni passi del Cantico di Frate Sole . Tutti quanti ricordate come inizia: «Tue son le laude, la gloria e l'honore et onne beneditione, a Te solo Altissimo se confanno». Queste quattro dimensioni: la lode , la gloria , l'onore e la benedizione ricorrono continuamente in Francesco. È come un'eco, un espletamento di quel «il Tuo Nome sia santificato», ma in che modo? Rendendogli lode, gloria, onore, benedizione. Lo troviamo anche nelle Lodi per ogni ora , quando Francesco prega: «Onnipotente, Santissimo, Altissimo e Sommo Dio, ogni Bene, il sommo Bene, tutto il Bene, Tu solo sei Buono. A Te rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni».

E sappiamo inoltre che Francesco termina nell' Ufficio della Passione la recita dei salmi con una benedizione nella quale, di nuovo, quindi quotidianamente, più volte nello stesso giorno, dirà «Benediciamo il Signore Dio vivo e vero, sempre rendiamo a Lui la lode, la gloria, l'onore ed ogni bene». Lode, gloria, onore e benedizione: tutto viene da Dio, tutto va restituito a Lui continuamente.

In questo senso va un'altra citazione conosciuta, ma importante da ricordare, nella Regola non bollata , al capitolo XVII, san Francesco si rivolge ai predicatori, a coloro che portano la Parola di Dio, l'annunciano, quindi a quelli che vanno per così dire sul pulpito, sono in vista, sovente ammirati, riconosciuti, lodati, onorati… A chi appartengono questi attributi? A loro stessi? Francesco sottolinea: «Restituiamo tutti i beni al Signore Dio Altissimo e Sommo e riconosciamo che tutti i beni sono Suoi, e per tutte le cose rendiamo grazie a Lui, dal quale tutti i beni procedono. Ed Egli l'Altissimo, il Sommo, il solo vero Dio, abbia e riceva e a Lui siano resi ogni onore e venerazione, ogni lode e benedizione, ogni grazia e gloria. Suo è ogni bene ed Egli solo è buono. E quando noi udiamo dire o fare il male o bestemmiare Dio, diciamo il bene e facciamo il bene e lodiamo il Signore che è benedetto nei secoli».

Cari fratelli, è fondamentale chiederci in che modo, quanto spazio noi diamo a questo gesto, a questo atto di restituire, di dare a Dio ciò che gli spetta: lode, onore, gloria e benedizione e tutti i beni. Anche i beni che Egli opera nella nostra vita, che ha operato nella vostra Provincia in questi cento anni, che ha operato da quando i cappuccini son venuti, hanno piantato le loro tende, le loro case povere in questa terra. . . . .

Il primato di Dio nella nostra vita non può ridursi a mere dichiarazioni di principio. Le prime Costituzioni del nostro Ordine, quelle del 1536 dette di sant'Eufemia, parlavano della preghiera mentale come di un parlare a Dio in primo luogo con il cuore. È bello questo contrasto, preghiera mentale però parlare con il cuore perché è tutta la persona che è coinvolta. Si tratta di qualcosa di coinvolgente, cari fratelli! Può darsi che non abbiamo mai imparato un vero metodo di preghiera silenziosa… ..

Quindi il modo come pregare, se non siamo capaci, se ci sembra che il tempo non trascorre mai, si può imparare, cari fratelli. Si può imparare, per arrivare al punto di gustare questo momento e questi spazi. Ma non basta dare inizio, bisogna perseverare. L'inizio sovente è facile, ciò che non è affatto facile è continuare e durare nel tempo.

Ed è proprio del tempo che vorrei parlare brevemente. Il tempo ci appartiene? Ci saranno al mondo coloro che hanno i grandi conti in banca, che hanno tanto potere, però il tempo ce lo abbiamo tutti uguale, disponiamo tutti dello stesso tempo. Quindi dipende da una nostra decisione cosa ne facciamo. Ma può anche darsi che non decidiamo affatto perché ci lasciamo semplicemente trascinare: da chi e da che cosa? Da altri che affermano che non è cosa poi così importante soffermarsi a pregare. In tal modo ce ne rendiamo dipendenti, senza nemmeno accorgercene. . . .

Una vita donata all'umanità

E qui vengo a parlare un po' del secondo aspetto che mi stava a cuore quest'oggi: Una vita donata all'umanità . Come? Quali sono, qual è la modalità del dono?

Ebbene, tempo fa, il periodo era la settimana dopo l'Epifania, quando ci sono tutte quelle serie di Vangeli che in un primo momento non si riesce a capire qual ne è la logica, ma poi capisci che ogni Vangelo è come dire «ecco una manifestazione di Dio!», è come quando Gesù seda la tempesta sul lago, sembra di vedere di nuovo Mosè che fa passare il popolo attraverso il mar Rosso o Gesù che compie un gesto di guarigione, è Dio che manifesta la sua forza, è un'Epifania; e proprio in quella settimana si legge il racconto della moltiplicazione dei pani secondo il Vangelo di Marco. Quando ho sentito, ho ascoltato quel Vangelo mi sono detto: «Ah! Questa potrebbe esser una pista sulla quale ritornare quando vai a Bari…». E così vedete che vi porto nel cuore da un po' di tempo, non è da ieri che ci penso a voi, vi sto pensando da tempo ma poi le antenne colgono le cose lì per lì, e poi si maturano e si lasciano anche un po',come il vino che perché diventi buono deve rimanere nelle botti per un po' di tempo… Ebbene, qui Marco nel capitolo VI, nei versetti da 30 in poi, scrive: «Gli Apostoli si radunarono presso Gesù e gli riferirono tutto ciò che avevano fatto e tutto ciò che avevano insegnato». È il ritorno dalla prima missione. «Egli disse loro: Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po'. Infatti quelli che venivano e andavano erano così numerosi che non avevano neppure il tempo di mangiare. Perciò in barca si diressero verso un luogo solitario e appartato, ma molti avendoli visti partire compresero e a piedi da tutte le città accorsero in quel luogo e giunsero prima di essi. Sbarcando Gesù vide una grande folla e ne ebbe pietà perché erano come pecore che non hanno pastore. Allora cominciò ad insegnare loro molte cose, ma essendosi fatto molto tardi i suoi discepoli gli si avvicinarono e gli dissero: Il luogo è solitario ed è già molto tardi, congedali affinché vadano nelle campagne e nei villaggi all'intorno e si comprino qualcosa da mangiare. Rispose loro: Date voi a loro da mangiare. Gli dicono: Dobbiamo noi andare a comprare duecento denari di pane per dare loro da mangiare! Dice loro: Quanti pani avete? Andate a vedere. Quelli informatisi gli dicono: Cinque e due pesci. Allora ordinò loro di farli accomodare tutti, a gruppi, sull'erba verde. Si adagiarono a gruppi regolari di cento e cinquanta,ed Egli prese i cinque pani e i due pesci,alzando gli occhi al Cielo, li benedisse, spezzò i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero. Quindi fece dividere anche i due pesci tra tutti, mangiarono tutti a sazietà e si raccolsero dodici ceste piene di frammenti e anche dei pesci. Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini».

Cosa fa Gesù? Accetta l'imprevisto, perché si rende conto dello stato di bisogno della folla, erano come un gregge senza pastore. Voleva andare per un momento di riposo con i discepoli, ma di fronte al bisogno Gesù cambia il suo progetto. Insegna loro molte cose e cosa fanno i discepoli nel frattempo? Ascoltano e anche osservano. È così che si rendono conto del bisogno della folla, «bisogna procurare del cibo!», lo dicono a Gesù. Quanto fanno osservare a Gesù è vero, è ragionevole: «il luogo è solitario, ed è già molto tardi!». Hanno pronta una soluzione tutto sommato ragionevole: «Congedali affinché vadano nelle campagne, nei villaggi all'intorno e si comprino qualcosa da mangiare». Gesù li sorprende, coinvolgendoli nella ricerca di una risposta concreta, diciamo pure che li provoca: «Date voi a loro da mangiare!». Qui c'è un fraintendimento: «Dobbiamo noi andare a comperare nei villaggi?». È Gesù che si informa sul numero dei pani a disposizione e li manda a vedere, devono farsi un'idea precisa della situazione e loro lo fanno. Questo dialogo tra i discepoli e Gesù io lo trovo meraviglioso, e può diventare come dire paradigma dell'oggi, delle nostre situazioni. Gesù non li manda lontani, la soluzione va cercata in loco anche se il problema da risolvere è grande. Vi sono molti ostacoli da superare, non importa! Bisogna tentare tutte le vie possibili a partire da quanto è dato, ma prima chiaramente bisogna farsene un'idea. Ci vuole per così dire una verifica: «Andate a vedere!». Solo a questo punto, quando hanno raccolto quanto è disponibile, Gesù interviene con la Sua potenza che gli è data dal Cielo. . . .

Mi ha molto colpito in questo senso un'affermazione di Pio XII , una frase che pronunciò in occasione di un convegno internazionale del nostro Ordine. Si era nel lontano 1949, il Papa disse: «Dove non sono penetrati e dove non sono comparsi i cappuccini? Specialmente nei momenti tristi, dove bisognava il soccorso nei luoghi più abbandonati, dove nessuno voleva andare era il cappuccino che andava». Ho trovato questo passo nell'articolo di Giuseppe Scarvaglieri, I cappuccini e la sociologia , nell'ultimo numero di Laurentianum , il terzo fascicolo del 2007. Andare laddove nessuno vuole andare, cercare di stare vicini ai bisogni di gente che nessuno considera, trovare soluzioni per alleviare i disagi. Questo vale sia sul piano sociale che sul piano pastorale. . . .

Specialmente per voi che avete scelto Lorenzo da Brindisi come patrono della Provincia: egli non solo fondò molte Province e andò molto lontano ma fu anche un pacificatore! I viaggi che quest'uomo ha compiuto anche da un re all'altro per metter pace! (Io sono rimasto sorpreso, io non lo sapevo quando arrivai a Villafranca del Bierzo, allorché ero in cammino verso Santiago, e la sera ho trovato alloggio presso le clarisse.

Le clarisse in colloquio mi dissero: «Guardi che noi qui abbiamo la salma di san Lorenzo da Brindisi!»... Perché in quel momento era stato in Portogallo, quindi non era lontano).

Uomini di pace, come possiamo permetterci noi di vedere che attorno a noi crescono i conflitti, ma non solo i conflitti del Medio Oriente ma i conflitti tra la gente, tra genitori e figli, una società sempre più violenta, una società che corre sempre di più a volere tutto e subito, e che quindi non s'interessa per nulla dell'altro. Oppure pensate al fatto che sono in aumento le persone sole, abbandonate a loro stesse. Come farci compagni di viaggio?

Non ci vogliono mezzi straordinari per agire, bisogna partire da ciò che si ha. Ricordate Gesù che dice ai discepoli: «Date voi a loro da mangiare». Oggi noto un timore molto grande, quello di metterci all'opera senza avere la sicurezza dei mezzi necessari a disposizione. Quando . . . . voi siete partiti per il Mozambico, non eravate una Provincia ricca. Non so se lo siete oggi, ma si vive sicuri per lo meno… Non eravate Provincia ricca, però i frati si diedero da fare per coinvolgere la gente, per raccogliere quei pochi pani di cui si disponeva. Io penso all'Opera Serafica delle Sante Messe, che permise di costruire una rete diffusissima. La gente dava 20 centesimi, ma tanti 20 centesimi permettevano di costruire non soltanto un fondo per pagare il viaggio, la nave al missionario, quando non c'era ancora l'aereo, ma permetteva anche di fare oltre, di fare di più ed entusiasmare la gente, di creare un interesse attorno a un polo. Tutti i piccoli contributi hanno permesso il miracolo che oggi in molti luoghi è sotto gli occhi di tutti: è sorta una Provincia rigogliosa, che ha anche qualche vescovo. C'era chi partiva, c'era il segretario delle missioni e in ogni convento c'era uno zelatore delle missioni, un frate incaricato in particolare delle missioni.

E c'erano tante persone, moltiplicatori nei villaggi e nelle città che pensavano poi a incontrare altre persone, che pensavano a proporre l'Opera serafica delle Sante Messe. Era un progetto comune, era un progetto portato da tutta la Provincia ma non solo dalla Provincia. In questo settore andrebbe coinvolto prima di tutto l'Ordine Francescano Secolare. Non dico che tutti debbano fare la stessa cosa, è chiaro che ci vuole un piano strategico e che i contributi vanno diversificati, senza concertazione è poco probabile che il progetto avanzi e diventi risposta concreta ai bisogni urgenti di un gruppo di persone. Ma bisogna che coloro che sono impegnati in altri settori sentano il progetto come loro, che vadano fieri del fatto che come Ordine siamo impegnati su quel fronte. È importante che la Provincia senta e si impegni e dia un supporto forte, per esempio alla presenza in Albania.

Io credo che questo è ciò che dobbiamo fare oggi. . . .

 

Ricordate cosa diceva Pio XII: «Dove non sono penetrati e dove non sono comparsi i cappuccini? Specialmente nei momenti tristi dove bisognava il soccorso, nei luoghi più abbandonati dove nessuno voleva andare, era il cappuccino che andava». Io credo che una descrizione del nostro carisma, più forte, precisa, icastica di questa non esista. A noi, cari fratelli, di attualizzarla oggi e domani.

Grazie!