PADRE PROSPERINO GALLIPOLI NEI RICORDI DEL PROVINCIALE DEL MOZAMBICO FRA FORTUNATO SIMONE Immagini inedite di P. Prosperino Gallipoli Sono appena ritornato dalla chiesa della tua comunità cristiana, dove ancora domenica scorsa hai celebrato la tua ultima Messa. Oggi ho celebrato io. Non ho parlato di te. Non l'ho creduto opportuno. La gente ti ha conosciuto molto bene in questi ultimi anni della tua vita trascorsi con loro. La chiesa, salone polivalente, è l'ultimo ricordo che hai lasciato loro! Oggi tu non c'eri! Ma eri più presente che mai! Ora sei solo, sotto quel palmo di terra, sommerso da una montagna di fiori! Tu te ne sei andato in breve tempo, rapidamente. E questo mi fa sentire solo. Anche se era proprio quello che tante volte mi auguravo che ti succedesse: andartene in poco tempo e … “all'improvviso”! Eri troppo insofferente a startene quieto durante i pochi acciacchi sofferti nella tua vita. Ti ho conosciuto e mi sono reso conto che non volevi perdere tempo. Avevi il terrore di fermarti per una malattia. Non sopportavi startene a letto, senza far niente.
Ti ho conosciuto molto bene in tutti questi anni! Anche sotto altri aspetti … che voglio spulciare nella mia memoria da quando ero seminarista a Barletta e a Giovinazzo; e poi novizio ad Alessano e studente di filosofia e teologia, fino a quando, anch'io missionario a Morrumbala, ti ho conosciuto nella tua realtà più vera: missionario!
Da quando ti dedicasti con tutte le tue qualità ed energie a favore della gente di Maputo a quando, dopo gli Accordi di Roma (S. Francesco 1992), che sancirono finalmente la pace in Mozambico, iniziasti ad estendere la tua azione di sviluppo in tutto il Mozambico da Morrumbala a Mopeia, fino alle regioni di Tete e di Cabo Delgado! 1957. Ero “fratino” a Barletta. Avevo 13 anni. Tu fosti ordinato Sacerdote a Bari-Santa Fara il 2 marzo 1957. Dovevo assistere alla tua Ordinazione ma tre giorni prima era morta la mia mamma e mia sorella non mi potette accompagnare. Così fu rimandato il mio primo incontro con te. 1958. Frequentavo a Giovinazzo il Ginnasio e tu venisti a salutarci perché partivi Missionario per il Mozambico Immagine della missione in costruzione Venisti a darci un saluto con l'augurio di rivederci in Africa. In quel momento l'Africa incominciò a invadere la mia vita ed i miei programmi. 1961. Stavo facendo l'esperienza del Noviziato ad Alessano. Tu dall'Africa scrivevi qualche lettera per incoraggiarci e ti firmavi semplicemente “Pro”. Commentando uno dei tuoi scritti un compagno ti nominò con la tua abbreviazione. Il Padre Maestro, presente alla ricreazione, intervenne ingiungendogli che l'indomani avrebbe dovuto mangiare in ginocchio perché ad un sacerdote e missionario non gli si può mancare di rispetto, chiamandolo con un semplice diminutivo!
1961-1968. Ero giovane frate studente di Filosofia a Terlizzi e di Teologia a Bari-S.Fara. Tu percorrevi la foresta di Mopeia, con la tua motocicletta, per visitare le scuole e i cristiani delle comunità. Ormai avevi poco tempo da dedicare ai contatti epistolari con la famiglia e gli amici. Le tue lettere incominciavano a scarseggiare, ma l'aspettativa di incontrarci in Africa ci rendeva impazienti. Bisognava prepararci, e tutto quello che capitava fra le mani era buono per iniziarci alla nuova vita.
18 aprile 1970. Finalmente mettevo piede, insieme ad altri tre compagni Bruno-Zaccaria-Fedele, sul suolo africano. Io fui destinato alla Missione di Morrumbala, dove tu eri Superiore. Ti aspettavo a Quelimane. Dopo alcuni giorni, una sera all'imbrunire, arrivasti con la tua jeep e facemmo conoscenza: Ah! Sei tu Fortunato che devi stare con me a Morrumbala? Allora sta' a sentire. Domani arriva il camion della missione che trasporta zucchero per conto della Sena Sugar Estates di Luabo. Scaricherà e poi ripartirà per Morrumbala. Tu parti con il camion perché io mi devo fermare alcuni giorni a Quelimane. Le suore sono restate sole nella missione. Padre Carlo come al solito è fuori per la sua tourné missionaria, ed allora è bene che tu vada: per lo meno farai conoscenza con le suore, visto che sai parlare qualche parola di portoghese. E poi non ti dimenticare che devi incominciare subito a studiare la lingua Chisena, senza della quale non conoscerai mai l'Africa! … Cominciamo bene! Fu il mio secco commento. 1970, missione di Morrumbala: residenza dei missionari e scuole Poi vennero i tempi dello studio della lingua Chisena, che possedevi molto bene, i tempi delle lunghe conversazioni per farmi conoscere qualcosa dell'Africa. La sera dopo cena, al lume di candela, quando il generatore elettrico si spegneva e aveva mandato a dormire i ragazzi (quanti ne erano? 60? Per assicurare loro la scuola e l'alimentazione avevi dotato la missione di un allevamento di buoi, di grandi campi di mais, di una falegnameria, di un forno e di un mulino, un camion), facevamo la partitella a tressette davanti ad una bottiglia di cognac. Solo chi vinceva poteva bere il bicchierino. Il perdente doveva assistere. I mesi passavano. Le mie prime impressioni sulla nuova realtà ti facevano riflettere e così le tue intuizioni post-conciliari diventavano certezze. C'era da ridisegnare tutto il progetto missionario. Le comunità cristiane dovevano rendersi autonome per una crescita più regolare. Ai ragazzi si doveva aprire la strada della scuola superiore. L'evangelizzazione doveva guardare in faccia l'uomo reale: catechesi e sviluppo era il nuovo nome della missione.
Ricordi? Una domenica a sera, stavamo proiettando un film di Stanlio e Olio, che tanto ti piacevano e a cui assistevi volentieri. Ad un certo punto venne meno la corrente elettrica, perché era finito il combustibile. Decidemmo di anticipare l'ora della ritirata. Arrivammo in casa e tu sbiancasti. La tua stanza era in soqquadro. Corresti alla piccola cassetta dove avevi le economie della missione, ma, per fortuna , i ladri non avevano fatto in tempo a portarsela via. La mattina successiva, prendesti il registro cassa e la cassetta dei soldi, me li porgesti. Cominciasti così a distribuire le responsabilità.
“Era passato poco più di un anno …” Fra Fortunato, a destra, insieme a P. Prosperino, le ragazze del ginnasio del ginnasio, alcune suore, fra Benito De Caro, fra Carlo Patano ed altri missionari Era passato poco più di un anno … Metà agosto del 1971 ci raggiungevano altri tre compagni: Benito-Camillo-Francesco La ventata di primavera era arrivata in Missione e tu ti sentivi sempre più sicuro delle tue intuizioni. Il 1° Capitolo elettivo della Missione ti vide nominato Superiore Regolare ed io rimasi solo a Morrumbala. Molte volte ti mordevi le dita e le labbra, per la mia inesperienza, ma che fare? … speriamo che non ne combini delle grosse! Arrivò l'Indipendenza del Mozambico. Tutti insieme gioimmo. Poi si addensarono le nuvole e le burrasche ideologiche, le nazionalizzazioni, le accuse e calunnie ai cristiani ed ai missionari, le prime espulsioni … Tutti ci stringevamo il più possibile per difenderci … per trovare nuove idee, per incoraggiarci a restare con la gente e a continuare a lavorare per la gente. Tu iniziasti la formazione di cooperative nei dintorni di Quelimane, naturale sbocco dell'esperienza maturata in tutte le nostre missioni dove cooperativa, catechesi e comunità cristiana ministeriale era il tripiede della evangelizzazione. 1978: due missionari in Piazza S. Pietro Gennaio 1979. Il Governatore della Zambezia, Osvaldo Tazama, ti definì “un infiltrato del capitalismo”! Anche a te fu comminata l'espulsione alle solite condizioni: 20/24! E cioè: 20 kg di valigia e 24 ore di tempo! Ti rifugiasti in Lesoto. Non volevi allontanarti dal Mozambico. Dopo pochi giorni venni a trovarti. Alla partenza mi affidasti un pacchetto di lettere. All'arrivo a Maputo le lettere furono aperte. In una avevi scritto al tuo amico e primo Governatore dopo l'indipendenza, Bonifacio Gruveta. Quelle lettere furono considerate compromettenti. Mi fu sequestrato il passaporto con l'ordine di ritornare a riprenderlo l'indomani nella Polizia Doganale. Fui condotto invece alla Polizia segreta, schedato con foto e impronte digitali pronto per finire in qualche luogo segreto, come collaboratore di un nemico del Mozambico. Dopo tre ore mi ridettero il passaporto. Ero un uomo libero!
Il giorno successivo c'era l'Ordinazione Sacerdotale di Fra Francisco Chimoio, proprio lui che da arcivescovo di Maputo ti ha assistito nelle tue ultime ore di vita e celebrato le tue esequie. Io ero a Beira per organizzare la festa per quella grande occasione. Fu mandato a riceverti Fra Camillo Campanella che, non conoscendo Maputo, si perse e tu all'aeroporto non fosti ricevuto da nessuno di noi. Fu l'inizio di piccole incomprensioni che poi col tempo si sono chiarite. Non ritornasti a Quelimane. Rimanesti a Maputo. La gente dei dintorni di Maputo stava soffrendo tantissimo la penuria di alimenti e di generi di prima necessità che il regime marxista stava provocando. Non c'era neanche la possibilità di lavorare e produrre perché bisognava solo lavorare e produrre nelle cooperative di stato. Regnava una grande confusione. E non c'erano strumenti. Ti rimboccasti le maniche ed iniziasti a piccoli passi a mettere ordine in tutte quelle idee così confuse che facevano soffrire la gente più povera.
“Ti rimboccasti le maniche …” In quel periodo io fui richiamato dal governo mozambicano a rimettere ordine nelle attività produttive della ex missione di Morrumbala. Avevo necessità di venire molte volte a Maputo per acquistare qualcosa per riparare gli strumenti di lavoro ed approfittavo per acquistare qualcosa da mangiare anche per i frati. La prima telefonata era per annunziarti il mio arrivo. La prima visita era per te.
Il primo anno lo trascorresti in una piccola pensione, insieme ad un tuo amico, Padre Vicente Berenguer, un missionario spagnolo che, per poter restare in Mozambico, lavorava come tecnico nel Ministero dell'Istruzione. E guarda caso, la tua vita in Maputo si è conclusa proprio con lui. E' stato il parroco della Parrocchia Madonna di Fatima di Laulane. In quella parrocchia, ti aveva affidato una comunità cristiana, dove quindici giorni fa hai inaugurato la Chiesa del Divino Spirito Santo, costruita con la tua collaborazione.
La missione di Morrumbala, sulla collina “Ntendere” nel territorio del reggitore “Kumbabo”
Il tutto doveva essere creato in forma associativa, perché “da soli non si può andare molto avanti”. Nel frattempo gli anni bui della guerra civile. 28 Agosto 1982: distruzione della Missione di Morrumbala. Dicembre 1982: Fra Francisco Chimoio è in mano dei guerriglieri, non sappiamo niente di lui. Gennaio 1983: finalmente Chimoio dopo quasi venticinque giorni di grandi sofferenze, è ritornato a Quelimane. Luglio 1985: occupazione da parte della Renamo di Luabo con la cattura di Fra Bruno Guarnieri e Fra Gaetano Pasqualicchio. Dopo 40 giorni percorsi a piedi attraverso la steppa di Luabo, la foresta di Mopeia e Morrumbala, sono liberati nel Malawi. Contemporaneamente l'occupazione di Mopeia e Morrumbala da parte della Renamo. Le prime cene di lavoro a Maputo con i collaboratori più stretti 27 marzo 1989: Fra Camillo Campanella, Fra Francesco Bortolotti, Fra Oreste Saltori muoiono a Inhassunge, vittime della Renamo. Padre Giocondo è stato rapito. 13 Maggio: il vecchio Padre Giocondo finalmente è in Italia. 4 Ottobre 1992, festa di S. Francesco: arriva la grande notizia: il governo mozambicano e la Renamo hanno firmato gli accordi a Roma. Scoppia la pace in Mozambico! 1988 - Fra Leonardo Lotti, provinciale del tempo visita il “progetto delle 100 case” I frati da Quelimane cominciarono a visitare i luoghi familiari delle nostre antiche missioni abbandonate da dieci anni.
Adesso stai dormendo. Così ti ho visto quando sono venuto a vestirti per il tuo ultimo viaggio il 21 febbraio. Ho dovuto forzarti un braccio per indossarti il saio cappuccino. Ma tu non hai fatto nessuna smorfia di dolore. Finalmente sei stato docile. Hai acconsentito a farti aiutare. Ed hai continuato a dormire. E certamente sei restato contento che finalmente tutti hanno potuto veder quello che eri veramente: un frate minore, povero, al servizio dei più poveri, degli emarginati dalla società. E ti hanno visto per lo meno cinquemila persone le ultime ore che sei stato con noi. Poi queste cinquemila persone ti hanno coperto di fiori, e credo che continueranno a seguirti, perché sono ormai coscienti che, se vogliono star meglio, devono rimboccarsi le maniche come hai fatto tu. E per oggi chiudo. Mi stanno chiamando. Devo andare a Mopeia, devo mettere in funzione la nuova motopompa per la risaia dell'Associazione. Non piove, e questo è il terzo anno consecutivo che la gente produce riso con l'acqua aspirata dalla motopompa. Anche se questa volta non mi rispondi, come hai fatto tante altre volte, ho capito molto bene il tuo messaggio fatto di parole e, soprattutto, di fatti! fra fortunato Simone Quelimane 22 febbraio 2004 |